NON VOGLIAMO SAPERE

Contro una legge che proibisca la pubblicazione di conversazioni private, penalmente irrilevanti, i giornalisti sono insorti. Un mucchio selvaggio. Bisogna rispettare l’art. 21 della Costituzione, hanno detto. Che tratta la liberta’ di informazione. Oggi siamo arrivati all’abolizione di fatto di un altro articolo, il 15: la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. Giudicate voi se negli ultimi venti anni è stato rispettato da giudici e giornalisti. L’ultimo italiano libero nelle sue comunicazioni private era l’inquilino del Quirinale. Un baluardo simbolico di una libertà da riconquistare per tutti gli italiani. Ora si vuole piegare anche lui. Continua a leggere

INTERCETTAZIONI, GIORNALISTI (COMODAMENTE) AL MANICOMIO

Siamo la caos, al marasma. Il tema apparentemente serissimo della trattativa stato-mafia sta rapidamente scivolando dalla tragedia alla farsa. Tutto in nome del diritto di cronaca e di rivelazione, ad uso di un pubblico, che assiste sconcertato ad una battaglia tanto feroce quanto inutile. Con un’unica eccezione: se il bersaglio non fosse la mafia, ma il Presidente Napolitano allora una sua efficacia la montagna di chiacchiere giornalistiche ce l’ha. Ma sul tema principale siamo al buio. Non sappiamo se ci fu davvero una trattativa. Non sappiamo cosa si intenda per trattativa con la mafia. A occhio, se a condurla fosse stato il generale Mario Mori, ho il sospetto che si tratti di un modo per arrestare più mafiosi. Non sappiamo quanto sarebbe durata, perché la si colloca al tempo di Scalfaro, ma così non serve a coinvolgere Berlusconi. E allora ecco che come un elastico si allunga di dieci anni. Fatti pochi e confusi. Ma il tema è diventato via via un altro completamente diverso: è giusto intercettare e diffondere le conversazioni private del Presidente della Repubblica? Secondo me, no. Continua a leggere