Contro una legge che proibisca la pubblicazione di conversazioni private, penalmente irrilevanti, i giornalisti sono insorti. Un mucchio selvaggio. Bisogna rispettare l’art. 21 della Costituzione, hanno detto. Che tratta la liberta’ di informazione. Oggi siamo arrivati all’abolizione di fatto di un altro articolo, il 15: la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. Giudicate voi se negli ultimi venti anni è stato rispettato da giudici e giornalisti. L’ultimo italiano libero nelle sue comunicazioni private era l’inquilino del Quirinale. Un baluardo simbolico di una libertà da riconquistare per tutti gli italiani. Ora si vuole piegare anche lui.
Lo vogliono procuratori e giornalisti, col solito ritornello: il pubblico ha il diritto ad essere informato? Di cosa? Degli auguri di Natale tra Napolitano e Mancino? Assolutamente falso. Anzi, in questo caso l’informazione non difende la libertà , ma la offende. Ci sentiamo piu liberi, se non sapremo mai cosa si dice in privato il Capo dello Stato con chiunque. In questo caso, meno informazione uguale a più libertà. Un passaggio necessario per ripristinare la libertà violata a tutti i cittadini.
Mi resta un solo dubbio: nella insopportabile, atroce , volgare corsa a sopprimere la libertà altrui sono peggio i procuratori o i giornalisti. E’ l’uovo o la gallina dei nostri tempi. Ragioniamo assieme. Un procuratore liberticida, anche molto potente, ha sempre bisogno almeno di un analogo giornalista per rendere efficace la gogna mediatica. Oggi ne trova a pacchi. Ma i giornalisti, come le notizie odierne confermano, hanno imparato a fare da soli. Ed arrivano a chiedere al Capo dello Stato di arrendersi volontariamente e confessare. Decidete voi chi è peggio.