Fatti e Misfatti

I GEMELLI DELL’AUTOGOL

Simmetrici. Gemelli nella disgrazia: Gianfranco Fini e Massimo D’Alema finiscono all’unisono nel mirino dei tagliatori di teste. Per carità, storie diversissime. L’appartamento di Montecarlo regalato al cognato per il presidente della Camera, la rottamazione dei vecchi capi per il leader Pd. Del primo si chiedono le dimissioni, il secondo le offre ma annuncia battaglia politica. Gianfranco ha uno scandalo da nascondere, Massimo ha soltanto un grande potere accumulato che , a quanto pare, non è spendibile adesso. In comune hanno che alla politica di rinnovamento, che va per la maggiore in questi mesi, non servono più. Sono inutili, anzi, pesanti dannosi. Nel 2009 strinsero un patto tra loro, esteso anche a Pier Ferdinando Casini. Bisognava abbattere Berlusconi, un gigante dopo il risultato elettorale, che andava a gonfie vele nella politica fino al terremoto in Abruzzo, fino a quel discorso del 25 aprile a Onna. Il Patto era semplice: se Gianfranco si fosse esposto fino alla scissione, fino a spaccare la maggioranza parlamentare, gli altri due lo avrebbero coperto. Ribaltone, governo di transizione, per Gianfranco una leadership e poi una gara a tre per il Quirinale e il governo dopo le elezioni. Le cose non sono andate così.

Fini si è rivelato un bluff: proprio le vicende familiari e i traffici della moglie, della suocera e del cognato lo hanno impallinato. Poteva capirlo: la famiglia Tulliani era stata già esaminata e bocciata da Gaucci. Lui si schiantò, il terzo polo divenne un triste asilo politico a casa di Pierferdinando . E Massimo perse un jolly. Poi, e’ arrivato Monti e tutto e’ cambiato. La finanza grande ha messo fuori gioco la piccola finanza rossa, da Consorte a Mussari, e anche D’ Alema deve affrontare la rottamazione. È’ obbligatoria però una riflessione: la politica italiana sembra a tanti caotica e illogica, ma non è così. Quando il potere reale decide di liquidarti, muove la sua comunicazione, i suoi mezzi. Fini era intoccabile, chi lo criticava era “la macchina del fango”. Ora lo crocifiggono lo stesso gruppo editoriale che lo proteggeva quando serviva contro Berlusconi. Il potere di D’Alema un anno fa era indiscutibile. Oggi Bersani lo consiglia di non pregiudicare la vittoria con la sua presenza. E Casini? Viaggia solitario verso il nulla. Senza alleanze, ogni tanto lo vedono sospirare in Piazza del Quirinale

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