“Quello di Ursula von der Leyen non è un successo personale, ma del partito Popolare”. Così Paolo Liguori, direttore editoriale di Tgcom24, commenta a “Morning News” la rielezione della leader tedesca come presidente della Commissione europea. Il gruppo dei Verdi ha sostenuto la rielezione di von der Leyen, un voto che è risultato decisivo. Contrari, invece, gli europarlamentari di Fratelli d’Italia.
“C’è stato un caso Italia visibile. Credo che Giorgia Meloni abbia fatto una negoziazione, una trattativa intelligente di cui vedremo i frutti solo verso fine agosto”, commenta il giornalista.
“Se l’Italia non avrà un ruolo forte nella Commissione, allora potremmo dire di essere stati esclusi. Se invece – considera Liguori – avremo un commissario del Mediterraneo e magari anche un’altra posizione sarebbe un successo considerando che il partito dei conservatori non ha appoggiato la von der Leyen, ma il sistema Italia l’appoggia. Quello di von der Leyen non è un successo personale, ma del partito Popolare che in Italia è rappresentato dal vice presidente del Consiglio Antonio Tajani, che ha uno stretto rapporto con Giorgia Meloni. Quindi non solo la negoziazione avviene con von der Leyen, ma credo che la continui a portare avanti anche Tajani. Sono tra quelli che pensano che alla fine molti dovranno chiedere scusa a Giorgia Meloni per quello che ho letto oggi. Meloni non ha offerto voti e sostegno esterno perché avrebbe rotto altri accordi europei che sono importanti”.
Sulle prossime elezioni negli Stati Uniti e sul possibile ritiro di Biden dalla corsa alla Casa Bianca, che potrebbe avvenire nel weekend, il direttore editoriale di Tgcom24 dice: “Se ci sarà l’elezione di Trump allora l’Europa non potrà più sfuggire alle sue responsabilità. La questione della guerra in Ucraina non possiamo delegarla a Washington. Soprattutto il partito Popolare che ha vinto queste elezioni dovrà confermare la sua vittoria dimostrando che è il partito che porterà una pace in Europa e questa – conclude Liguori – è una cosa che Tajani ha già detto e ha sempre legato il sostegno all’idea di una pacificazione. Von der Leyen non tanto, perciò si dovrà adeguare”, conclude.